Mastro Bruno Pelaggi

Bruno Alfonso Pelaggi fu un poeta e scultore calabrese vissuto nella seconda metà dell’ottocento.

La vita

Nacque a Serra-San-Bruno nel 1837 da una rinomata famiglia di scalpellini. Nel periodo della sua giovinezza Serra San Bruno e il meridione in generale, godeva di un relativo benessere grazie al prosperare dell’attività agricola e alle fiorenti maestranze.

La cosiddetta “maestranza di la Serra” dislocata nelle varie botteghe-laboratorio cittadine lascerà ai serresi grandi opere artistiche che si possono tutt’oggi apprezzare nella cittadina della Certosa.

Come era prevedibile anche il nostro scelse la strada delle arti e divenne famoso per le sue opere lapidee prodotte per conto del monastero di Santo Stefano.

Ebbe poi l’incarico di realizzare la facciata della chiesa confraternale di Maria Santissima Assunta nel cimitero di Serra San Bruno e inoltre presentò nel 1883 un disegno per la facciata della chiesa parrocchiale sita in località Spinetto dedicata a Santa Maria Assunta, realizzata dal cugino Biagio Pelaggi.

La poesia

La desolazione e la decadenza che videro protagonista la Calabria negli anni post-unitari portarono Mastro Bruno a comporre poesie che contestavano il potere con toni molto coloriti.

Era la figlia a scrivere ciò che il padre dettava e spesso ne rimaneva scandalizzata. Sembra che Bruno fosse analfabeta poiché il suo nome non compare nelle liste elettorali del tempo. Alcuni sostengono che avesse ricevuto istruzione elementari dal sacerdote don Francesco Cuteri e da uno zio anch’egli prete.

Al di là della capacità o meno di leggere e scrivere, ad una lettura delle sue poesie è inevitabile stabilire la sua conoscenza letteraria e politica, forse anche per la sua frequentazione con uno dei notabili serresi dell’epoca Bruno Chimirri, parlamentare della destra storica e più volte ministro del Regno d’Italia.

L’utilizzo di figure retoriche come le onomatopee e di una rudimentale metrica ci porta a credere che non fosse proprio uno sprovveduto.

Le opere

La critica ha rivalutato la sua opera e l’ha apprezzata solo post-mortem. Finalmente nel 1965 è stata curata una prima edizione dei testi, ripresi poi anche in spettacoli teatrali, in contrapposizione ad uno Stato visto come antagonista con tematiche che esprimono o addirittura anticipano la questione meridionale.

Sulle opere di Mastro Bruno vi è una controversia, esse sono state trasmesse oralmente e il manoscritto che sarebbe stato redatto dalla figlia Maria Stella è andato purtroppo perduto.

Dunque i componimenti del poeta scalpellino potrebbero aver subito delle modifiche quando sono state ricopiate.

Nei suoi versi spesso Mastro Bruno racconta la quotidianità serrese tra ironia e verità.

  • Li scarpi d’Affruonzu
  • Li zuoccula di Tiresa
  • La navetta trasa e nescia
  • La Pigghjata di Bregnaturi evidenzia invece lo spirito canpanilistico dell’epoca.

Al suo amico Bruno Chimirri dedicò

  • Don Bruninu Chimirri e li sirrisi. E ai suoi rivali politici
  • Chichiriddì

Nel pieno della sua protesta contro il comune di Serra San Bruno scrisse:

  • O chi luci, o chi luci, o chi alligrizza

Un anticipo della questione meridionale lo si trova

  • Quand’era giuvinottu
  • A ‘Mbertu Primu
  • Tu, Signuri, cu mmia ti la pigghiasti.
  • Littira allu Patritiernu, Littira allu dimuonu

In Alla luna abbandonò i toni polemici in favore di una poesia dalla sfumature leopardiane. Questo componimento è infatti il più incerto dal punto di vista della paternità.

Conosciuto poco fuori dalla Calabria però nel 2014 viene inserito nel Dizionario Biografico degli Italiani della storica e prestigiosa Enciclopedia Treccani.

Con la speranza che possa essere conosciuto e apprezzato da tutti vi lasciamo una delle nostre poesie preferite di Mastro Bruno:

Li zuoccula di Tiresa

Non sai lquantu mi piacianu
li fimmini cu li zuoccula:
miegghiu assai de li vruoccula
di rapa.

Mo si buoi mu li sai
di capi zzuocculari
Tiresa Barillari
e’ numir’unu.

Sabina Maiolo

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