Il Castello di Maida sorse nella seconda metà dell’XI secolo, durante il periodo in cui i Normanni cercavano di estendere il loro dominio in Calabria, una regione che fino a quel momento faceva parte dell’Impero Bizantino. I Normanni, insediatisi nella zona, costruirono la loro fortezza su una struttura preesistente, rafforzando così il loro controllo sul territorio.
Assalto e demolizione
Successivamente, il castello fu assalito e demolito dalla popolazione locale. Questo evento fu una diretta conseguenza delle rivolte popolari contro i soprusi del feudatario Egidio di Santoliceto, che governava la zona con durezza e oppressione. La distruzione del castello rappresentò un atto di ribellione e resistenza della comunità contro il potere feudale.
Ristrutturazioni sotto il dominio Angioino
Dopo la demolizione, il castello venne ristrutturato e modificato durante il dominio Angioino. A tal proposito, il Re Carlo emanò un provvedimento l’11 novembre del 1269 per la ricostruzione del castello, che venne adattato alle esigenze del nuovo regime. Questa ristrutturazione segnò un’importante fase di transizione per la struttura, che vide un miglioramento delle sue difese e della sua funzionalità.
Conversione in prigione nel XIX secolo
Nel 1838, il castello venne convertito in prigione, il che comportò una serie di lavori interni. Tra questi vi furono la pavimentazione in lastre di granito, l’inserimento di graticole nelle finestre e l’introduzione di un cancello di ferro all’ingresso. Oltre a questi interventi, venne ampliato il perimetro della zona bassa e rinforzata la cinta muraria, conferendo al castello una nuova funzione e un aspetto ancora più imponente.
Il castello oggi
Quello che si può ammirare al giorno d’oggi è il frutto di un restauro eseguito ad opera degli Aragonesi. L’edificio si presenta con una pianta quadrata, rafforzata da quattro torri agli angoli, anche se solo una è visibile a causa delle ricostruzioni avvenute intorno agli anni ’50, che hanno parzialmente offuscato la visione delle altre torri. All’interno del castello sono stati rinvenuti i resti dei granai e delle celle, oltre a una scala costruita in ardesia locale. Il castello possedeva anche un acquedotto, di cui rimane solo l’arco di Sant’Antonio, testimonianza della complessità e della funzionalità della struttura nel passato.
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Nicoletta Esposito