Nel secondo dopoguerra, la Calabria fu teatro di intense lotte contadine, alimentate dalla profonda crisi economica che investiva l’Italia. Questi movimenti, scatenati da una disperata ricerca di lavoro e la crescente povertà, rappresentarono un momento cruciale nella storia della regione.
Le proteste, che ebbero inizio nel 1943, furono caratterizzate da una partecipazione popolare senza precedenti. I contadini, organizzati in comitati di lotta, scesero nelle strade delle città calabresi, manifestando contro la mancanza di occupazione e le difficoltà economiche che li affliggevano. Tuttavia, questa ribellione non passò inosservata, e le forze dell’ordine risposero con una dura repressione, arrestando e processando molti partecipanti.
Sebbene le lotte del 1943 non portassero a conquiste sociali significative, rappresentarono un momento di resistenza e lotta contro le ingiustizie del sistema. La situazione economica post-bellica, caratterizzata da un’agricoltura preminente, richiedeva una profonda analisi delle dinamiche sociali e degli scontri di classe nelle campagne calabresi.
Una fase chiave di questo periodo fu segnata dalla distribuzione delle terre demaniali. Le rivendicazioni dei contadini si concentrarono non solo sulle terre incolte dei grandi proprietari, ma soprattutto sul recupero delle terre demaniali usurpate dai signori feudali locali. Questa lotta si sviluppò in vari momenti storici, con episodi significativi nel 1860 e alla fine della Prima Guerra Mondiale.
Nel 1943, dopo lo sbarco delle truppe alleate in Calabria, le rivolte contadine si diffusero, culminando in manifestazioni a Casabona, Strongoli, Melissa, S. Nicola dell’Alto, Cirò e altri luoghi. Questo periodo di fermento politico e sociale portò all’emanazione dei decreti Gullo nel 1944, che autorizzarono la costituzione di cooperative contadine, diventando strumenti fondamentali nella riconquista delle terre.
Nonostante i successi ottenuti con i decreti, la lotta continuò, poiché ogni stagione di semina e raccolto richiedeva strenue difese delle quote assegnate alle cooperative. La situazione generale della Calabria post-bellica era critica, con alti livelli di miseria, basso tenore di vita e disoccupazione diffusa. La fame divenne un catalizzatore della tensione sociale, portando nel 1946 a una nuova occupazione di massa, con decine di migliaia di contadini che reclamavano i loro diritti.
Tuttavia, la risposta governativa fu la repressione, con arresti e processi che segnarono il movimento. In seguito, l’emigrazione divenne una scelta governativa, lasciando i contadini abbandonati e costretti a emigrare in un circolo vizioso di partenze e abbandoni.
Le lotte contadine in Calabria durante il secondo dopoguerra rappresentano un capitolo significativo nella storia della regione, segnando una rottura con il passato e aprendo la strada a profonde trasformazioni economiche e sociali. Questa epopea di resistenza, sebbene caratterizzata da momenti di repressione e sacrificio, rimane un importante elemento identitario per la Calabria contemporanea.
Nicoletta Esposito
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