Le donne partigiane calabresi: la resistenza


Le donne partigiane calabresi, spesso trascurate nella narrazione storica ufficiale, hanno svolto un ruolo significativo durante la Resistenza italiana contro il regime fascista e l’occupazione nazista.

Le partigiane calabresi si distinsero per il loro impegno, con circa 70.000 donne che aderirono ai gruppi di difesa, 35.000 parteciparono a azioni di guerra partigiana, 500 ricoprirono ruoli di comando, e solo 16 furono decorate con medaglie d’oro al valore militare. Tuttavia, il contributo delle donne alla Resistenza non fu sempre riconosciuto adeguatamente, e spesso furono vittime di pregiudizi e discriminazioni.

Nella Resistenza, le donne calabresi assunsero diversi ruoli, ma il loro contributo alla lotta armata spesso incontrò resistenza.

Anna Cinanni

Nata a Gerace Superiore nel 1919 in una famiglia di contadini, Anna Cinanni è cresciuta in un contesto di impegno politico grazie al suo fratello Paolo, membro del Partito Comunista Italiano (PCI). La famiglia si trasferì a Torino tra il 1928 e il 1929, aprendo nuove prospettive per Anna.

Nel 1935, Anna si unisce al Soccorso Rosso, un’organizzazione fondata nel 1922 durante il IV congresso dell’Internazionale Comunista, dedicata a fornire supporto materiale e morale alle vittime della lotta antifascista. Questo primo coinvolgimento segnò l’inizio del percorso di Anna nel mondo dell’attivismo politico.

Il suo impegno si intensifica nel 1943, quando Anna aderisce ufficialmente al PCI e diventa parte integrante della Brigata Garibaldi, adottando il nome di battaglia Cecilia. La Brigata Garibaldi fu una formazione partigiana attiva nella lotta contro il regime fascista e l’occupazione nazista durante la Seconda Guerra Mondiale.

L’anno cruciale del 1945 vedrà Anna Cinanni coinvolta in un episodio significativo della sua vita di resistenza. La polizia scopre materiale clandestino nascosto nel doppio fondo della sua borsa e la arresta a Vercelli. Trasferita a Torino per essere giudicata dal Tribunale Speciale, riesce però a sfuggire alla detenzione grazie alla liberazione della città.

La storia di Anna Cinanni rappresenta un esempio di coraggio e dedizione alla causa antifascista. La sua partecipazione attiva alla Resistenza italiana e il suo spirito indomito di fronte all’oppressione sono un tributo duraturo al ruolo cruciale delle donne nella lotta per la libertà durante uno dei periodi più bui della storia italiana.

Con il termine del conflitto bellico, Anna Cinanni prosegue con determinazione il suo impegno politico all’interno del Partito Comunista Italiano (PCI). La sua dedizione si estende al coinvolgimento attivo delle donne nella sfera politica.

In preparazione per le elezioni del 1946 in Piemonte, Anna organizza l’associazione “Ragazze d’Italia”, mirando a promuovere la partecipazione femminile nella vita politica. L’anno successivo, il suo impegno e la sua leadership la portano a essere eletta responsabile delle donne presso la quarta Sezione Luigi Capriolo, confermando la sua influenza nella sfera politica locale.

Nel 1949, Anna partecipa al quinto Corso della scuola nazionale femminile, un ulteriore passo nella sua crescita e formazione politica. La sua dedizione e competenza emergono chiaramente, tanto che al termine del corso viene nominata funzionaria organizzativa e politica dell’Unione Donne Italiane (Udi), consolidando ulteriormente il suo ruolo di leadership nelle questioni femminili.

Il percorso di Anna Cinanni testimonia non solo il suo coraggio durante la Resistenza, ma anche il suo impegno continuo nel plasmare la realtà politica e sociale dell’Italia post-bellica, specialmente in relazione al ruolo e all’empowerment delle donne.

Anna Condò

Anna Condò, nata a Reggio Calabria, ha vissuto una vita segnata dalla Resistenza e dalla lotta partigiana, una vicenda intrecciata al coraggio del fratello Ruggero, membro della terza Brigata Garibaldi in formazione tra Piemonte e Liguria.

La storia di Anna inizia con il trasferimento della famiglia in Piemonte a causa dei bombardamenti degli Alleati e delle difficoltà legate all’occupazione nazista. Ruggero si unisce alla Brigata Garibaldi, e Anna, giovane staffetta partigiana, decide di abbracciare la stessa causa.

La guerra porta tragedia alla famiglia Condò quando Ruggero, sfuggito alla strage della Benedicta sull’Appennino Ligure, viene catturato, torturato e deportato in un campo di concentramento tedesco, dove trova la morte.

Anna, tornata a Reggio Calabria dopo la guerra, diventa insegnante, portando avanti la memoria di Ruggero e di tutti coloro che hanno lottato per la liberazione dal nazi-fascismo. La sua testimonianza si fa ancora più rilevante considerando la responsabilità della memoria, un dovere nei confronti di due resistenze troppo a lungo taciute: quella delle donne e quella dei calabresi.

Caterina Tallarico

Caterina Tallarico, nata nel 1918 a Marcedusa, nel catanzarese, ha vissuto una vita dedicata alla medicina e all’impegno nella Resistenza. Dopo aver deciso di trasferirsi a Roma per studiare Medicina, nel 1942, su consiglio del fratello Federico, sceglie di spostarsi a Torino, considerata una città più sicura in caso di bombardamenti rispetto alla Capitale.

A Torino, Caterina mette a disposizione le sue competenze mediche per sostenere i partigiani durante la guerra. Il suo impegno nella fornire assistenza medica diventa un contributo significativo alla lotta contro il nazi-fascismo.

Concluso il conflitto, Caterina decide di fare ritorno in Calabria, portando con sé l’esperienza acquisita durante la Resistenza. Qui, dedica la sua vita alla pratica medica, mettendo al servizio della comunità le competenze acquisite. La sua professione di medico diventa un punto di riferimento per coloro che hanno bisogno di cure nella sua regione d’origine.

La storia di Caterina Tallarico rappresenta un esempio di dedizione alla causa della libertà e della solidarietà attraverso la professione medica, contribuendo in modo significativo alla Resistenza e al benessere della sua comunità.

Teresa Tallotta Gullace

Il percorso di vita di Teresa Tallotta Gullace, nata a Cittanova nel 1907 in una famiglia di braccianti, si configura come un’epica storia di coraggio e impegno nella Resistenza italiana.

Dopo aver unito la sua vita a quella di Girolamo Gullace, la coppia si trasferisce a Roma. Nel 1944, durante un rastrellamento di civili nella zona di Porta Cavalleggeri, Girolamo viene catturato. Teresa, incinta al settimo mese, insieme a centinaia di altre donne, si presenta coraggiosamente davanti alla caserma per rivendicare il diritto di parlare con i propri cari catturati e richiedere la loro liberazione.

La tragica vicenda di Teresa raggiunge il culmine quando, durante l’evento, un soldato tedesco apre il fuoco contro di lei, privandola della vita. Questo atto di estrema violenza, tuttavia, non ha spento il suo impatto: la storia di Teresa Tallotta Gullace diventa un simbolo indelebile di sacrificio e determinazione.

Il personaggio della Sora Pina, interpretato da Anna Magnani nel film “Roma città aperta” di Roberto Rossellini, è ispirato alla vicenda di Teresa. La sua memoria continua a riverberare come un monito contro l’oppressione e a celebrare la forza delle donne nella lotta per la libertà durante i momenti più oscuri della storia italiana.

Giuseppina Russo

Tra le donne coraggiose della Resistenza italiana, spicca la figura di Giuseppina Russo, operaia nello jutificio Montecatini a La Spezia. Originaria di Roccaforte del Greco, nel reggino, Giuseppina si trasferì a La Spezia con il marito Marco Perpiglia, un ebanista impiegato all’Arsenale.

Attiva antifascista e partigiana nella brigata Gramsci, operante nella IV zona operativa ligure, Giuseppina contribuì con determinazione alla lotta per la libertà. Il marito Marco, ispettore di zona della stessa brigata, condivise il suo impegno nella Resistenza.

Dopo la guerra, Giuseppina fece ritorno in Calabria, dove trascorse il resto della sua vita dedicandosi alla famiglia e preservando la memoria dei sacrifici compiuti durante quegli anni difficili. La sua morte nel 1991 segna la conclusione di una vita vissuta con coraggio e dedizione alla causa della libertà.

Marco Perpiglia, oltre al suo impegno nella Resistenza italiana, aveva combattuto anche in Spagna contro il regime di Franco. Al suo ritorno, fu vittima delle repressioni fasciste, venendo arrestato, perquisito e condannato al confino nella colonia di Ventotene dal Tribunale speciale della Spezia.

Nell’agosto del 1943, il ritorno di Giuseppina alla Spezia fu segnato dalla tragica scoperta della morte prematura del loro figlio a causa di un incidente. La storia di Giuseppina Russo e Marco Perpiglia rappresenta un commovente ricordo di coraggio, sacrificio e amore per la libertà, che continua a ispirare le generazioni successive.

Tuttavia, nonostante il loro ruolo cruciale, la memoria delle partigiane calabresi è stata a lungo trascurata. Un approccio meridionalista ci invita a comprendere la specificità del contesto calabrese, evitando confronti inappropriati con realtà più industrializzate del Nord Italia. La Calabria, con il suo contesto socioeconomico unico, ha vissuto la Resistenza in modo peculiare, e le donne calabresi hanno contribuito in modo attivo alle trasformazioni sociali e politiche dell’epoca.

Dopo la Resistenza, il ruolo attivo delle donne calabresi nella politica locale è testimoniato dalle tre sindache elette durante le elezioni del 1946. Ciò dimostra che queste donne non furono semplici spettatrici, ma protagoniste dei movimenti sociali che segnarono il dopoguerra italiano.

Nicoletta Esposito

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