Affascino: i rimedi

L’antico rito dell’affascino è una delle credenze popolari che caratterizzano la Calabria e il sud Italia.


Esso viene trasmesso da una mal celata forma di invidia verso un’altra persona che viene così “addocchiata”.
Questa inizia a sbadigliare, ad avere mal di testa e ad incappare in sfortune più o meno gravi.

L’affascino interessa soprattutto i bambini che possono essere “addocchiati” anche involontariamente.
Per evitare che ciò accada si deve usare la formula “bienidica” prima di fare ad esempio un complimento: “bienidica chi mangia bellu stu zitiedu”. Se non si usa questo termine e il bimbo salta la merenda, la suggestione suggerisce che sia stato “addocchiato” e che dunque bisogna porvi rimedio.


In genere le anziane recitavano delle preghiere che costituivano il rito dell’affascino.

Acqua e olio

Se L’affascino resiste alle preghiere si ricorre al metodo dell’acqua e dell’olio.

Bisogna riempire di acqua un piatto di porcellana e lasciarvi cadere per tre volte tre chicchi di sale grosso in tre differenti punti.
Poi, mentre si recitano delle preghiere segrete, si versano nel piatto alcune gocce d’olio: se l’olio resta a galla vuol dire che non vi è alcun malessere. Ma se si allarga la diagnosi per la persona malata è l’affascino e l’operazione per essere efficace va ripetuta una seconda volta.

Inoltre se l’olio si allarga poco vuol dire che il sortilegio è recente e quindi facilmente domabile. Invece se si espande in tutto il piatto fino quasi a scomparire il malocchio è più vecchio e più difficile da calmare.

Il procedimento termina col segno della croce prima a sè e poi per tre volte col pollice della mano destra sulla fronte dell’affascinato, recitando sottovoce un Ave Maria, un Padre Nostro e un’altra preghiera dal contenuto segreto.

Le pietre di sale


Un altro modo per evitare di essere vittime dell’affascino è quello degli amuleti. Di semplice realizzazione, erano costituiti da un sacchetto di stoffa, spesso di colore rosso, in cui venivano messi tre chicchi di sale grosso. In genere si mettevano in tasca o nelle culle dei bambini.
Costante nel rito dell’affascino è il ricorso al numero tre e al simbolo della Trinità.

L’affascino sugli indumenti

Nel caso in cui “l’addocchiato” non era in grado di recarsi personalmente per eliminare l’affascino, il rito poteva essere effettuato sugli indumenti. Spesso i bambini erano troppo piccoli e allora le nonne recitavano il rito su calzini, cappellini e indumenti vari.

Il rito sui bambini poteva effettuarsi solo se questi erano battezzati altrimenti “l’uocchiu no si cogghia”, cioè l rito non avrebbe sortito l’effetto desiderato.


In molti potrebbero storcere il naso davanti a questa credenza che affonda le sue origini nella notte dei tempi.
Il Sud è fatto anche di questo, di credenze che diventano tradizioni e che, è proprio il caso di dire, affascinano ancora oggi.

Sabina Maiolo

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