La leggenda delle fate di Regina

Nell’antico borgo di Regina si narra di una leggenda avvolta nel mistero e nella malinconia, un racconto che si tramanda di generazione in generazione.

Un tempo, Regina riposava serena su una dolce pianura, cullata da un clima sempre mite che carezzava la vita dei suoi abitanti. La gente, sebbene immersa nel duro lavoro dei campi, viveva col cuore colmo di gioia e serenità.

In quei luoghi dimoravano le fate, creature mistiche il cui passaggio lungo le strade del borgo lasciava dietro di sé un profumo incantevole e una freschezza che penetrava nell’anima.

Ma un giorno, durante la festività del Corpus Domini, un giovane della nobile famiglia Brunelli, follemente innamorato di una delle fate, compì un gesto insensato e sacrilego: con un fendente di spada recise la croce che la fata portava in processione.

L’ira delle altre fate non conobbe confini di misericordia di fronte a quell’atto di violenza e mancanza di rispetto. Esiliarono il giovane e maledissero lui, la sua discendenza e tutto ciò che rappresentava la sua ricchezza e il suo potere. Ma non si fermarono qui: la loro maledizione riversò su Regina stessa, trasformando il borgo da un luogo di pace e prosperità in una terra maledetta e desolata.

Fu così che Regina, circondata un tempo da verdi colline e pianure rigogliose, divenne Rejina: un’eco della rovina che aveva colpito la sua esistenza. Le fate, offese e oltraggiate, non fecero più ritorno nel borgo, lasciandolo avvolto nel buio e nella desolazione.

Ora, Rejina giace come una lama affilata tra due vallate, abbandonata agli eventi del tempo e popolata solo da topi e serpi che si aggirano tra i suoi ruderi. Nelle notti d’inverno, il lugubre richiamo dei gufi e delle civette è l’unico suono che frastorna il silenzio, portando con sé il ricordo di un’epoca di splendore ormai perduta nel tempo.

Seguici