“I Vattienti” di Nocera Terinese, in provincia di Catanzaro, sono molto conosciuti all’interno della nostra regione. La loro è una tradizione molto particolare.
Si tratta di un culto atavico, conosciuto come i “vattianti”. Il termine deriva da “Vattere” in dialetto Calabrese “battere”, da qui il nome “vattiente” cioè colui che si batte il corpo.
Il rito dei vattienti
Il rito si svolge in contemporanea alla processione di Cristo morto per le strade del paese.
Il Vattiente è rappresentato da un uomo con al capo una corona di spine e le gambe scoperte, il quale trascina dietro di sé il suo “Ecce Homo” legato con una corda.
Quest’ultimo è un ragazzo che scalzo e con in dosso un telo rosso e una corona di spine, sorregge la croce.
Insieme camminano per le strade di Nocera e di tanto in tanto il “vattiente” si sfrega le gambe con strumenti di sughero ruvidi e taglienti fino a fare uscire il sangue.
Dopo il primo sfregamento con la cosiddetta “rosa” è la volta del “cardo” altro sughero in cui sono inseriti pezzetti di vetro.
A questo punto il corpo del “vattiente” è segnato da rivoli di sangue che scendono per tutte le gambe. In questo stato percorre le strade del paese ogni tanto fermato da chi gli vuole spruzzare un po’ di aceto e vino per disinfettare le ferite.
Una volta ricoperto di sangue, il “vattiente”, correndo lascia le impronta delle mani sui muri delle chiese e su quelle di amici e parenti in modo da purificare i suoi cari. Solo allora raggiunge la processione della morte di Gesù non prima però di essersi “vattuto” sotto la statua dell’addolorata.
Nicoletta Esposito
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